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dal romanzo

"L'astronauta"

di Giuseppe Gigli e Sandra Casale

 

Capitolo 32

Le Sirene

 

…Ora i miei compagni dormono tutti.
Cercherò anch’io di riposare.
Finalmente sto per chiudere gli occhi ma sento un piccolo sobbalzo del modulo.
Guardo fuori.
Il buio e il silenzio sono profondi come l’abisso…
 

Provo di nuovo a far cessare i pensieri ma non è semplice. Alla lunga la mancanza di gravità sta indebolendo il mio corpo come alcune delle mie certezze.
Sento un altro sobbalzo seguito da un tonfo attutito. Proviene dal modulo laterale, quello con i portelli di aggancio.
Mi slaccio le cinghie e mi lascio galleggiare per dare un’occhiata...
Quello che vedo è totalmente surreale e fatico a capirlo. Alla nostra stazione sembra si sia agganciata una specie di navicella… Dovrei allertare il resto dell’equipaggio ma è come se fossi arpionato da una forza che annichilisce la mia volontà. Al di là del portello riesco a scorgere delle figure, hanno fattezze femminili e sembra stiano parlando tra loro mentre si avvicinano alla porta di contatto.
Mi avvicino anch’io.
Sono giovani donne svestite, la pelle di un chiarore quasi diafano, hanno lunghi capelli che ondeggiano al loro incedere. Indossano collane e bracciali di bellissime pietre colorate e ali che le ricoprono come fossero un mantello.
Sento un’attrazione innaturale verso quelle creature seducenti che sembrano nuotare verso di me. La scena che vedo mi sta paralizzando, è come se qualcosa stesse succhiando la mia volontà privandomi del controllo del corpo già limitato dalla gravità. Credo mi vogliano dire qualcosa, ma non riesco a sentirle. La mano va da sola e si accinge a sganciare il portello scorrevole.
La figura che si è fatta più avanti adesso è proprio a ridosso del vetro di contatto.
Siamo uno di fronte all’altra.
Ora la posso vedere bene. E’ di una bellezza tale da intimorire lo sguardo. Esito ad aprire per il timore di contaminarla ma poi non riesco a fermarmi…
Al contatto della mia mano sulla maniglia viene immediata-mente attivata una membrana sottilissima che permette di mantenere per alcuni minuti la pressurizzazione prima di autovaporizzarsi. Rimarrà rigida come fosse di cristallo, pur lasciandosi attraversare dai suoni, dagli odori, da quasi tutto.
La creatura aliena poggia delicatamente le lunghe dita sulla superficie.

– Vieni...
Questa voce, il suono e la sua vibrazione avvolgono completamente il mio corpo come un serpente.

– Vieni... – ripete... e iniziano a ripeterlo anche le altre mentre fluttuano alle sue spalle invitandomi a seguirle, in una coreografia di chiome, panneggi e carni.

– Venite voi – provo a dire, ma la mia voce suona distorta, come attutita da qualcosa di intangibile.

– Noi non possiamo entrare, non possiamo invadere il vostro spazio.

– Ma… chi siete? Da dove venite?

– Veniamo dal luogo in cui tu vuoi approdare, è il luogo della conoscenza e delle verità rivelate.

Le sue dita scivolano su quella superficie sottile come una carezza ed è come se le sentissi sulla mia pelle. Chiudo gli occhi, cerco di ragionare, ma mi sento come un granello di sabbia in una infinita spiaggia, incapace di resistere alla forza delle onde che mi potrebbero trasportare in mille altri lidi, o in mille altri fondali. Da una parte vorrei destarmi da questo torpore, dall’altra vorrei farmi trascinare.

– Vieni con noi non te ne pentirai – mi sussurra la figura alata facendo aderire le mani spalancate e le estremità dei seni sulla membrana che ci separa e sulla quale accosta impudicamente le labbra lasciando che aloni di vapore si formino e si dissolvano dopo ogni parola.

– Nessuno è mai passato di qui senza sentire il suono che esce dalle nostre bocche... E poi se ne va con grande gioia... E conosce più cose…

Sono impietrito, non riesco a muovermi.

– Noi sappiamo tutto sulle lotte e le sofferenze per la volontà degli Dei e sappiamo anche quello che avviene sulla Terra... e fra i mortali.

Le sue parole come un’eco che si fonde al battito del mio cuore. Chiudo ancora gli occhi incapace di resistere a quel richiamo. Quando li riapro vorrei rompere la barriera per essere accolto da tutte quelle braccia e perdermi nelle pieghe delle loro ali...
Sento che qualcosa non va. E’ una sensazione sottopelle che striscia dentro di me e si oppone al desiderio estremo di oltrepassare il varco.

– Vieni… vieni con noi! Potrai accedere dove ogni cosa è svelata e dove ogni cosa è perfetta.

Mentre combatto tra desiderio e paura, realizzo che mi stanno offrendo tutto quello che ho sempre voluto. Una parte residuale ancora lucida del mio cervello mi porta tuttavia a ragionare, mi mette in allarme: la mia vita è in pericolo.

– Ti offriamo un’esperienza lontana in un mondo capace di eclissare la tua limitata terra.

Ora ci stiamo fissando a distanza molto ravvicinata ed è ormai evidente che ognuno intuisce i pensieri dell’altro. Mi sforzo di ragionare, penso alla mia vita, penso al mio pianeta. E capisco che non voglio un mondo senza le sue meravigliose imperfezioni, senza misteri da svelare. La mia terra, la mia casa, con i suoi dubbi e i suoi atti di fede, delicata e incerta come questa membrana che sta per dissolversi. Penso anche alla fragilità degli esseri umani e fra tutti compare il volto di Sole ad imporsi all’immagine che ho di fronte.
Devo resistere, devo scappare, devo trovare la forza per fronteggiare questa disumana attrazione.
Non posso permettermi di fare errori, il suo sguardo mi sta definitivamente disarmando.
Faccio il solito respiro, lei avverte che qualcosa sta per succedere ed io intuisco che lei lo ha capito. Sto bruciando più ossigeno del necessario. C’è solo una cosa che posso fare ed è anche la più semplice: chiudere il portellone e chiuderlo subito.
Proprio mentre la membrana si dissolve, mentre ho afferrato la maniglia e sto violentemente chiudendo, mentre lei ha estratto le sue unghie affilate per artigliarmi, il nostro legame visivo si fa ancora più profondo. La sua voce si trasforma in un grido, devo averle preso uno dei bracciali, vedo galleggiare alcune pietruzze di colore rosso.
Ed è proprio mentre se ne stanno andando, quando credo abbiano considerata fallita la propria missione, che mi sveglio sudato col cuore in affanno.
I miei compagni si sono svegliati anche loro, dovrei aver gridato… credo.

– Che succede!

– Niente stavo sognando… ma… qui ci sono delle piccole pietre colorate che galleggiano…

– Ma quali pietre: quello è sangue!


E’ vero, è sangue, mi accorgo che ho un bel taglio sull’avambraccio… devo essermi ferito da qualche parte.
 

 

 

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